venerdì 27 maggio 2011

IL PENSIERO NARRATIVO

1. ASPETTI GENERALI

Gli individui organizzano la loro esperienza, il ricordo degli avvenimenti, la conoscenza della propria cultura e attribuiscono significato ai comportamenti sociali prevalentemente attraverso racconti, storie, miti, ragioni per fare e per non fare… in generale sotto forma di narrazioni.
Narrare vuol dire creare storie che consentono di attribuire e trasmettere significati circa gli eventi umani.
La narrazione è uno strumento essenziale attraverso cui l’individuo può conoscere, organizzare e rendere comunicabile la sua esperienza personale all’interno di una relazione. È, in altri termini, un nodo vitale fra il dentro/psichico ed il fuori/ambiente, che consente all’individuo di definire e dare senso alle proprie e alle altrui esperienze, vissuti emotivi, intenzioni.
La narrazione pone, pertanto, in relazione il mondo canonico e consensuale della cultura con quello privato e idiosincratico delle credenze, dei desideri, delle fantasie dei singoli attori.

I racconti organizzano e rappresentano la realtà secondo principi e procedure specifiche e diverse rispetto a quelle che caratterizzano la conoscenza di tipo logico-scientifica, in particolare, mantenendo aperto il significato del discorso, lasciando ampio spazio alle possibilità interpretative dell’interlocutore e offrendo un criterio di lettura fondato sulla verosimiglianza più che sulla verificabilità.    
Nello specifico, la costruzione narrativa della realtà si fonda su 10 caratteristiche del racconto:
1)      Diacronicità narrativa: Il racconto è un esposizione di eventi che ricorrono nel tempo ed ha per sua natura una durata;
2)      Particolarità: Ci si riferisce a fatti ed avvenimenti particolari;
3)      Necessario riferimento a stati intenzionali: L’oggetto del racconto sono persone che operano in determinate situazioni secondo specifici desideri, piani ed intenzioni;
4)      Componibilità ermeneutica: Gli eventi del racconto non sono semplicemente selezionati e collocati in un certo ordine, ma devono essere fatti vivere come “funzioni” della struttura narrativa nel suo complesso;
5)      Canonicità e violazione: Una storia, perché valga la pena di essere raccontata, dovrà avere come oggetto il modo in cui un copione canonico implicito è stato violato;
6)      Referenzialità: Il senso di un racconto, preso nella sua interezza, può alterare la referenzialità delle singole parti che lo compongono nella misura in cui queste diventano funzioni dell’insieme;
7)      Appartenenza ad un genere: I generi letterari forniscono a scrittore e lettore schemi ampi e convenzionali, capaci di limitare il compito ermeneutico di dare senso agli accadimenti;
8)      Normatività: La storia fonda la sua raccontabilità sulla violazione di una aspettativa convenzionale;
9)      Sensibilità al contesto e negoziabilità: È la dipendenza della narrazione dal contesto in cui nasce a farne uno strumento di negoziazione culturale fondamentale;
10)  L’accumulazione narrativa: La creazione di una cultura si basa sulla capacità “locale” di accumulare storie di avvenimenti passati entro una struttura diacronica che ne consenta la continuità con il presente.  

Possiamo, allora, considerare il racconto anche come un modo di utilizzare il linguaggio in cui metafore, metonimie e sineddoche consentono un ampliamento dell’orizzonte delle possibilità e di esplorazione dell’intero ventaglio dei legami tra l’eccezionale e l’ordinario.

2. COME NASCE UN RACCONTO:
I MECCANISMI DI TRASFORMAZIONE NARRATIVA
Le trasformazioni narrative sono processi di elaborazione simbolica di eventi psichici, attraverso cui un emozione, un ricordo, un sogno diventano racconto, una rappresentazione comunicabile e condivisibile di un esperienza personale entro una relazione.
La rappresentazione di un evento psichico prende vita sempre all’interno di un contesto comunicativo che definisce il “come” della narrazione, ovvero le regole che presiedono alla messa in scena del racconto.
Accanto al concetto di narrazione, dunque, l’altro elemento centrale nel discorso è quello di contesto, inteso come principio ordinatore che orienta e da forma ai racconti dei due narratori.
Non esiste , infatti, una narrazione al di fuori di un contesto e di una relazione che definiscono le regole, gli obiettivi, i tempi e le forme di rappresentazione simbolica di qualsiasi esperienza privata.
Seguire i percorsi di trasformazione di un evento psichico significa allora osservare come la sua rappresentazione mentale diventa comunicabile all’interno di una relazione e di uno specifico contesto, grazie alle caratteristiche del medium linguistico che si utilizza (un racconto, un fumetto, una poesia, ecc.) e agli obiettivi dei narratori.

3. RACCONTARE SE STESSI
I racconti che la persona produce su se stessa possono essere considerati come un “testo del Sé” in cui eventi ed esperienze sono selezionati ed organizzati allo scopo di attribuire coerenza e continuità al Sé.
La caratteristica più evidente di questa autobiografia è rappresentata dal fatto che il soggetto vi agisce sia come attore che come narratore della storia.
Si possono così individuare due diverse prospettive temporali e narrative, definibili come il presente narrativo ed il passato narrato. Il primo è il tempo del discorso, il qui ed ora della narrazione, il secondo è il tempo della storia.
In genere la fine della storia coincide con la fusione dei due ordini temporali, quindi anche dell’attore con il narratore.
Iscrivendo la propria storia entro una struttura narrativa, sembra che l’ordine temporale si trasformi in un ordine causale o teleologico degli eventi (teleologia retrospettiva). In altre parole, l’ordine del tempo vissuto e del tempo narrato si fondono tra loro in maniera tale che il passato viene ordinato alla luce del presente.
Da qualunque punto io parta per tracciare la storia della mia vita, si tratta sempre di una narrazione che avviene in questo momento della mia vita.
Dalla fusione delle due prospettive temporali e narrative origina il tempo autobiografico, ossia il presente della storia della propria vita.

4. L’INCONTRO CON L’ALTRO
I racconti che prendono vita nel setting sono allora una funzione dell’interazione attuale fra i due “narratori” (pensiamo all’operatore e all’utente) e del campo emotivo inteso come matrice di infinite storie possibili.
Il campo viene inteso come lo spazio/tempo narrativo in cui nascono le storie che rappresentano l’alfabetizzazione delle emozioni presenti nella coppia.
Il concetto di campo risulta particolarmente interessante poiché evidenzia il ruolo che la situazione relazionale attuale ha nel suggerire ed organizzare le storie dei due narratori
È la specifica situazione relazionale vissuta nel setting che determina che cosa, in quel momento, i due narratori si racconteranno, con quali tempi ed attraverso quali modalità e generi narrativi.
Secondo questo punto di vista raccontando un esperienza personale il narratore rappresenta nella storia lo scenario emotivo vissuto nella relazione, nel momento in cui avviene il racconto.
Il racconto di un sogno, un ricordo o persino della trama di un film sono, allora, derivati narrativi che trasformano e rendono comunicabili le emozioni che in quel momento attraversano il campo relazionale.




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