martedì 31 maggio 2011

L’INCUBO FRA CREDENZE E TEORIE


Per cominciare daremo una definizione del fenomeno psichico di nostro interesse, soffermandoci, in particolare, sull’origine del termine, sul ruolo delle superstizioni e delle credenze popolari e su alcune teorie cliniche relative alle sue possibili cause.
Il termine incubo indica un sogno angoscioso particolarmente intenso, in cui lo stato di terror panico si accompagna ad evidenti reazioni fisiologiche quali la palpitazione, la traspirazione ed un peso al petto che determina un allarmante senso di soffocamento. È caratteristica, inoltre, la trasformazione di emozioni e paure in particolari animali, creature sub-umane o in altri mostri che determinano il risveglio della persona in preda al terrore.
L’incubo è in genere considerato come una varietà del sogno d’angoscia, caratterizzato semplicemente da maggiore intensità, tuttavia gran parte degli autori (Marcelli, 1997; Hartmann, 1984; Kellerman, 1987) ne sottolineano l’ambiguità del termine, dato che comprende anche i terrori notturni o pavor nocturnus, di cui il dormiente non ricorda niente al risveglio, e gli incubi post-traumatici.
Ciò che caratterizza, infatti, i veri incubi o sogni d’angoscia intensi è il fatto di essere lunghi, spaventosi, vividi e verosimili, tanto da apparire reali anche dopo il risveglio, e questo li rende profondamente diversi dai terrori notturni di cui non rimane alcuna traccia in memoria.
Fisher (Kellerman, 1987), in particolare, monitorando i cicli del sonno di numerosi soggetti, ha osservato che i terrori notturni  sopraggiungono durante il IV stadio di sonno lento, in una fase non-REM, e sono caratterizzati dall’irrompere improvviso di una profonda angoscia, da pianti e vocalizzazioni, da uno stato di confusione allucinata e da alterazioni della frequenza respiratoria e circolatoria, seguite da amnesia.
L’EEG ha dimostrato che si tratta di un risveglio dissociato, con attivazione neurovegetativa da una parte e la corteccia che resta in sonno lento profondo dall’altra, dovuto probabilmente ad un angoscia estrema e non elaborabile che affligge l’apparato psichico (Marcelli, 1997).
La gran parte delle esperienze di incubo ricordate e raccontate dal soggetto, quindi, non riguardano i terrori notturni, ma sogni d’angoscia particolarmente intensi caratteristici delle fasi di sonno REM.
 È chiaro, dunque, che la denominazione di Incubo abbraccia  fenomeni molto diversi fra loro riguardo a caratteristiche cliniche e cause, rivelando così quella mancanza di sufficiente specificità necessaria in un discorso scientifico.
Per quanto concerne invece l’origine del termine, questa ci riporta alle credenze popolari che in tutte le epoche hanno attribuito l’incubo alla presenza di esseri soprannaturali.
L’Efialte greco, l’Incubus latino e medioevale, il Mara dei paesi nordici, i Follets francesi, indicano tutti un demone libidinoso che sedendosi sul petto delle vittime, ne blocca il respiro e i movimenti e le aggredisce sessualmente.
Numerosi, peraltro, sono stati anche i tentativi di spiegare il fenomeno in modo più razionale e scientifico, chiamando in causa, per esempio, disturbi gastrici, alterazioni del sistema circolatorio o respiratorio, e individuando spesso come fattore scatenante persino la posizione supina del dormiente.
“Fu Freud il primo a dimostrare l’intimo nesso esistente tra il terrore intrapsichico e gli impulsi sessuali rimossi” (Jones, 1959, pg.315).
“Mentre del sogno infantile si può dire che è l’aperto appagamento di un desiderio ammesso, e del comune sogno deformato che è l’appagamento camuffato di un desiderio rimosso, al sogno d’angoscia si adatta soltanto la formula che è l’aperto appagamento di un desiderio rimosso” (Freud, 1915, pg.196).
In quest’ultimo caso, infatti, il desiderio è talmente impetuoso da sopraffare le forze della censura e, nello stesso tempo, è assolutamente inaccettabile, creando, così, le condizioni per un intenso conflitto mentale che può essere risolto soltanto rinunciando allo stato di sonno e generando angoscia.
Su queste basi Jones (1959) ha avanzato l’ipotesi che l’angoscia e il terrore sono nell’incubo così intensi poiché hanno origine nella zona della massima “rimozione”, ossia, quella che riguarda le tendenze incestuose della vita sessuale.
In altri termini, l’incubo, secondo il modello psicoanalitico, “è essenzialmente dovuto a un intenso conflitto mentale che si accentra su una componente rimossa dell’istinto psico-sessuale, fondamentalmente legata all’incesto, e che può essere provocato da qualsiasi stimolo periferico che serve a scatenare la massa dei sentimenti rimossi” (Jones, 1959, pg.52).
A ben vedere, questa teoria si fonda, quindi, su una sintesi creativa di idee, credenze ed ipotesi che circolavano, in quel periodo, nei vari ambienti scientifici e non.
 Il pensiero psicoanalitico, infatti, da una parte ha colto l’importanza che le credenze popolari attribuivano all’elemento sessuale dell’incubo, pur considerando le superstizioni una proiezione nel mondo esterno di desideri inconsci, dall’altra ha integrato, ridimensionandole, le teorie mediche sul ruolo che gli stimoli periferici di natura organica svolgono nello scatenare l’incubo.
 A conferma di questa teoria, inoltre, alcuni autori hanno richiamato l’attenzione su tre elementi: il carattere sessuale che le varie tradizioni folcloristiche hanno sempre attribuito al demone dell’incubo; i profondi legami che il termine ha con quello di “Incubazione”, procedura diffusa nell’antica Grecia, a Roma e in altre parti del mondo, che consisteva nell’unione di un essere umano con una divinità, durante il sonno e all’interno di un tempio; ed infine la comparsa caratteristica degli incubi, nel bambino, a partire dalla fase edipica.
Il sogno d’angoscia più conosciuto nella storia della psicoanalisi è, probabilmente, quello raccontato nel “caso dell’uomo dei lupi” (Freud, 1914) che evidenzia un meccanismo particolare nella rappresentazione onirica delle paure, ossia l’associazione fra esseri umani e animali, presente, tra l’altro, anche nel “caso del piccolo Hans”.
Jones (1959) ha osservato come nel sogno le emozioni inconsciamente rappresentate da un animale derivano sempre da pensieri, desideri rimossi e terrori che riguardano un essere umano, in particolare un genitore.
“La presenza di un animale in un sogno denota sempre l’influenza di un complesso incestuoso” (Jones, 1959, pg.228). 
Questa trasformazione, caratteristica di sogni e miti, da una forma umana in una forma animale indicherebbe, secondo una lettura acontestuale e simbolica dell’evento psichico, un conflitto fra le forze contrastanti del desiderio e dell’inibizione, soprattutto quando il passaggio è da un estremo di attrazione e bellezza ad uno di repulsione e bruttezza.
L’oggetto visto nell’incubo, pertanto, incute paura e repulsione, semplicemente, perché rappresenta un desiderio inconscio inaccettabile a cui non è permesso di manifestarsi nella sua vera forma.
Anche i sogni di punizione, con contenuti sadici e masochistici, peraltro, vengono considerati come realizzazioni di desideri che, tuttavia, non riguardano impulsi istintuali, ma impulsi critici, censori e punitivi derivanti dal Super-Io.
Interessanti risultano anche le posizioni di alcuni teorici delle relazioni oggettuali (Fairbairn, Klein, Guntrip), i quali sostengono che i soggetti sofferenti da incubi cronici tendono spesso a rivelarsi fallimenti della posizione depressiva, che trovano l’ambivalenza, la perdita, il senso di colpa e il dolore intollerabili.
Nell’incubo il soggetto regredisce dalla paura di perdere o distruggere gli oggetti da cui dipende, ad un terrore più basilare in cui tutto diventa persecutorio e l’Io è minacciato di annichilimento (Kavaler, 1987).
È il mondo pre-edipico che emerge vividamente nell’incubo, in cui la preoccupazione, l’empatia, il senso di colpa e il prendersi cura degli altri sono temporaneamente perduti, per lasciare spazio alle angosce schizo-paranoidi di persecuzione, soffocamento, intrappolamento e disintegrazione dovute agli oggetti cattivi.
Spesso queste ansie schizoidi sono rappresentate con incubi di vuoto, di isolamento o di oceani scuri che minacciano di annichilire e annullare l’Io.
 Questo punto di vista, dunque, considera l’incubo una via d’accesso importante nello studio degli aspetti più profondi dello sviluppo delle relazioni oggettuali.
The return to the paranoid-schizoid position, within the nightmare, can be used therapeutically to get back to the deepest fears of self-annihilation fears that can continually undermine depressive-position processes of love, integration, reparation, and differentiation” [La regressione alla posizione schizo-paranoide, nell’incubo, può essere usata terapeuticamente per ritornare alle più profonde paure di annichilimento dell’Io paure che possono continuamente minare i processi della posizione depressiva dell’amore, integrazione, riparazione, e differenziazione] (Kavaler, 1987, pg.39).
Una teoria diversa è, invece, quella proposta da Hadfield (1968), che considera i sogni come la riproduzione di problemi insoluti.
Nell’incubo, in particolare, di fronte alla mancanza di possibili soluzioni al problema, si crea un conflitto psichico di dimensioni talmente allarmanti e terrificanti da determinare il risveglio angosciato della persona.
L’autore distingue tre principali tipi di incubi.
Il primo tipo è di origine traumatica e deriva da esperienze oggettive vissute durante l’infanzia o l’età adulta.
In questo caso l’incubo è la riproduzione di esperienze traumatiche passate alle quali l’individuo non aveva saputo rispondere in modo adeguato.
Fanno parte di questa categoria gli incubi dei reduci di guerra e di individui che hanno vissuto particolari violenze, catastrofi o altri tipi di stress intensi, quali la perdita di una persona cara, malattie, operazioni chirurgiche, a volte anche licenziamenti o trasferimenti non voluti.
Questi sogni rappresentano un indicatore del “Disturbo post-traumatico da stress” (DSM IV).
Alcuni autori (Kellerman, 1987) comprendono in questa categoria anche tutta una serie di sogni che avvengono durante il trattamento psicoanalitico, nei quali riemerge il ricordo di eventi traumatici rimossi accaduti durante l’infanzia.
Il secondo tipo è rappresentato da incubi che derivano dal timore che la persona ha dei propri impulsi, sia sessuali che aggressivi.
I sensi di colpa e, nel bambino, lo sviluppo di una coscienza morale determinano, infatti, la proiezione, la personificazione e l’oggettivazione di emozioni sessuali, collera o paura in quella svariata moltitudine di mostri che popolano gli incubi.
Anche il terrore di disastri impellenti, malattie, o le sensazioni di soffocamento e abbandono che caratterizzano molti sogni d’angoscia sono, secondo l’autore, di natura morale, quale temuta conseguenza e punizione per i desideri proibiti. 
Il terzo tipo, infine, deriva dall’oggettivazione di sensazioni organiche disordinate.
Ragni e granchi, per esempio, “sono la rappresentazione dei nostri disturbi addominali oggettivati e proiettati sotto queste forme” (Hadfield, 1968, pg.250).
Emozioni molto intense spesso di natura sessuale, infatti, si accompagnano a particolari processi fisiologici che vengono rappresentati nel sogno attraverso queste creature. I granchi allora, secondo l’autore, deriverebbero dalla contrazione dei muscoli addominali dovuta ad eccitamento sessuale, mentre i ragni, con le loro numerose zampe, descriverebbero quelle sensazioni che a seguito dell’orgasmo si propagano ed estendono a tutto il corpo.
“Gli incubi si presentano così perché queste creature sono le rappresentazioni più adatte per queste sensazioni organiche, altrimenti impossibili a descriversi; e l’universalità di queste immagini dipende dall’universalità dei mutamenti fisiologici che danno luogo a queste rappresentazioni mentali” (Hadfield, 1968, pg.256).
Ricerche più recenti (Hartmann, 1984; Kellerman, 1987), peraltro, hanno confutato alcune spiegazioni biologiche dell’incubo, che indicavano come fattore eziologico la deprivazione d’ossigeno o disturbi gastrici, rivolgendo invece l’attenzione ad alterazioni dei livelli di neurotrasmettitori quali la dopamina e acetilcolina.
Per concludere vorrei accennare brevemente alla teoria di Hartmann (1984), in cui il soddisfacimento di un desiderio non viene considerato un elemento centrale nel determinarsi dell’incubo.
L’autore, infatti, ha individuato nei limiti o confini più o meno netti che le persone hanno fra il sogno e la veglia, la fantasia e la realtà o il razionale e l’irrazionale, un fattore importante da cui dipende la frequenza e l’entità degli incubi.
I suggested that artists, on the one hand, and schizophrenics, on the other, have thin boundaries and that persons with frequent nightmares can be characterized as persons having unusually thin boundaries in a number of senses” [Ho suggerito che gli artisti, da una parte, e gli schizofrenici, dall’altra, abbiano restrizioni esigue e che le persone con frequenti incubi possono essere considerate come persone che hanno straordinariamente  pochi limiti in un grande numero di sensi] (Hartmann, 1984, pg.136). In particolare, i tipi di confini più o meno definiti cui l’autore fa riferimento, riguardano non solo quelli fra l’Io e l’Es, o la realtà e il sogno, ma comprendono anche confini come quelli interpersonali, di identità sessuale, o legati all’immagine corporea.
Le teorie proposte hanno un valore soprattutto storico, culturale e antropologico, ma spesso nel tentativo di offrire una spiegazione generale ed a-contestuale del fenomeno psichico “incubo” tendono a tralasciare il significato più specifico che questo acquista per il sognatore e il valore che il racconto di un incubo ha all’interno di una relazione ed a partire da eventi, cornici, situazioni, obiettivi ed interlocutori particolari.  La rappresentazione simbolica, sotto forma di racconto, di un qualsiasi evento psichico, infatti, nasce sempre all’interno di uno specifico contesto relazionale che, a partire dalle sue regole ed obiettivi, ne influenza profondamente la narrazione. Pensiamo, in particolare, a ciò che avviene nel colloquio clinico, dove un’infinità di emozioni, fantasie e ricordi si trasformano in una infinità di storie co-prodotte dalla coppia terapeutica in seduta. Il colloquio clinico diventa allora la cornice entro cui particolari emozioni, ricordi, fantasie, sogni o incubi si trasformano in racconti pensati e condivisi nella relazione tra lo psicologo ed il cliente. Da questo punto di vista, i mostri, le creature terrificanti o le situazioni angosciose che popolano i racconti entro il colloquio rappresentano emozioni temute dalla persona che acquistano “corpo” e rappresentabilità, nella loro forma paurosa, in modo tale da poter essere pensate, condivise, scambiate e decostruite all’interno della relazione terapeutica con lo psicologo.


Riferimenti bibliografici

-Bruner J., (1991): La costruzione narrativa della <<realtà>>, in Ammaniti, Stern (a cura di) Rappresentazioni e narrazioni, Laterza, Bari
-Ginzburg C.,(1986): Miti, emblemi e spie. Morfologia e storia, Einaudi, Torino
-Hadfield A., (1968): Sogni e incubi in psicologia, Giunti, Firenze
-Harré R., Secord P.F., (1972): The explanation of social behaviour,  Basil Blackwell, Oxford (tr. It. La spiegazione del comportamento sociale, Il Mulino, Bologna, 1974)
-Hartmann E., (1984): The nightmare. The Psychology and Biology of Terrifying Dreams, Basic Books, New York
-Jodelet D.(a cura di), (1989): Le rappresentazioni sociali, Liguori, Napoli
-Jones E., (1959): Psicoanalisi dell’incubo, Newton, Roma, tr. it. 1978
-Kavaler S., (1987): Nightmares and Object Relations Theory, in Kellerman H. The nightmare. Psychological and biological foundations, Columbia University Press, New York
 -Kellerman H., (1987): The nightmare. Psychological and biological foundations, Columbia University Press, New York
-Koch Candela M. C., (1998): Nel tempio nel bosco. Mito e fiaba nella conversazione terapeutica, Cortina, Milano
-Marcelli D., (1997): Psicopatologia del bambino, Masson, Milano

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